venerdì 18 giugno 2010

A José Saramago - 18 giugno 2010


GirasoleGirasole














Ho terminato la lettura de “Le intermittenze della morte” lunedì scorso e stavo prendendo tempo per parlarvi di questo romanzo di Saramago, tra i suoi più belli. Ma stasera, adesso che l’emozione va riducendosi, ho deciso di dedicare le ultime frasi del romanzo, svelandone il finale. A lui, perché con lui va via una mente illuminata.
 


“Lui si addormentò, lei no. Allora lei, la morte, si alzò, aprì la borsa che aveva lasciato in salotto e prese la lettera di colore viola. Si guardò intorno come se stesse cercando un posto dove lasciarla, sul pianoforte, infilata tra le corde del violoncello, oppure lì in camera, sotto il guanciale su cui riposava  il capo dell’uomo. Non lo fece. Andò in cucina, accese un fiammifero, un umile fiammifero, lei che avrebbe potuto distruggere il foglio di carta con lo sguardo, ridurlo a una polvere impalpabile, lei che avrebbe potuto appiccargli fuoco solo con il contatto delle dita, e invece era un semplice fiammifero, un fiammifero comune, il fiammifero di tutti i giorni, che faceva bruciare la lettera della morte, quella lettera che solo la morte poteva distruggere. Non rimasero neanche le ceneri. La morte tornò a letto, si abbracciò all’uomo e, senza ben capire quel che stava succedendo, lei, che non dormiva mai, sentì che il sonno le faceva calare dolcemente le palpebre. Il giorno seguente non morì nessuno”. 
     
 A presto José