domenica 22 febbraio 2009

Fiume di Fiori di Miguel Sousa Tavares

Fiume di fioriFiume di Fiori

di Miguel Sousa Tavares

Cavallo di Ferro, Roma 2008

 


Cavallo di Ferro è una coraggiosa casa editrice romana che pubblica libri di autori non conosciuti prestando particolare attenzione alla letteratura spagnola e portoghese. Nasce infatti dall’omonima casa editrice con sede a Lisbona (Cavalo de ferro). Ho scoperto così Romana Petri (Ovunque io sia) e il portoghese Miguel Sousa Tavares. Nato a Porto, dopo la laurea in giurisprudenza, lavora come giornalista. Ha debuttato come romanziere con “Equatore”, un successo sorprendente in Portogallo. Ha fatto seguito “Fiume di Fiori” (Rio das flores).

Il romanzo potrebbe sembrare una telenovela ma diventa interessantissimo grazie al meticoloso lavoro di ricerca storica dell’autore. Attraverso il racconto delle tre generazioni della famiglia Ribeira Flores, si legge la storia del Portogallo, dell’Europa e del Brasile, dal 1915, anno dell’instaurazione della prima repubblica portoghese, al 1945, fine della seconda guerra mondiale. È una critica spietata a tutto ciò che offende la libertà sia personale, sentimentale e morale, sia politica e sociale.
Figli di un monarchico, proprietario terriero dell’Alentejo, Diogo e Pedro sono profondamente diversi: il primo intellettuale e profondamente contrario a ogni forma di totalitarismo, cerca il cambiamento ed in suo nome decide di lasciare la moglie, le terre, il Portogallo torturato dalla dittatura di Salazar. Si costruisce una nuova vita in Brasile dove crea un’altra famiglia con una donna mulatta. Pedro, invece, è conservatore, decide di intervenire nella guerra Civile Spagnola affianco ai franchisti e, al suo ritorno, difende la sua posizione di latifondista.

Lo sapevate che:
Salazar, che professava la sua neutralità nei confronti del regime nazista, dava ai tedeschi totale libertà di eseguire servizi di spionaggio a Lisbona; li riforniva di tungsteno, estratto dalle miniere portoghesi ed essenziale per la fabbricazione di armi per la Wehrmacht. Solo dopo anni di insistenze da parte degli inglesi, e a seguito di un vero e proprio ultimatum da parte di Churchill, concesse nel 1943 il permesso di installare una base aerea militare nelle isole Azzorre, affinché americani e inglesi potessero rendere più efficaci i combattimenti aerei contro i sottomarini tedeschi nel Nord Atlantico.
Agata Santamaria


giovedì 12 febbraio 2009

L'uomo duplicato di José Saramago

LL’uomo duplicato     di José Saramago,   Einaudi, 2003


Traduzione, R. Desti


Un uomo,  inseguendo il proprio doppio,  ci fa scoprire la paura dell'identico


Le virgole sono le vere protagoniste del romanzo di José Saramago, periodi lunghissimi nei quali si perde di vista il soggetto e il predicato verbale, chi parla, chi ascolta, chi assiste e chi è assente nell’azione del momento, una folla di emozione e ragione che confonde il lettore. Questa confusione lessicale è in realtà strettamente funzionale al tema del romanzo: Tertuliano Maximo Afonso, insegnante di storia, scopre di non essere solo ma di avere “un altro se stesso” in giro per la sua stessa città. Ma la curiosità dello stile letterario non si ferma qui, ci sono due figure raramente adoperate nella scrittura: quella del narratore che esprime dei giudizi sui fatti e sui sentimenti e arriva persino a condizionare le decisioni dei personaggi; quella del “senso comune” che in alcune evoluzioni della storia parla direttamente con Tertuliano Maximo Afonso indicando soluzioni “scontate”, “comuni” alle paradossali vicende del romanzo.


Ma la storia ha solo del paradossale, tutto quello che accade è geniale, imprevedibile e non per questo, reale.


Tertuliano Máximo Afonso vive solo, un matrimonio fallito alle spalle di cui non ricorda quasi nulla, una madre che sta lontana, una relazione che, forse, vorrebbe interrompere, generalmente depresso. Un giorno il collega di matematica gli consiglia di vedere la videocassetta di un film, una commedia leggera senza molte pretese. Tertuliano, tornato a casa, accende il videoregistratore e guarda la cassetta, e scopre che uno degli attori, un personaggio secondario, gli assomiglia in modo impressionante: forse piú giovane, e con i baffi che lui ora non ha piú, ma incredibilmente uguale, un gemello, quasi un doppio, un duplicato di se stesso. Perché quel film? Chi è l’attore uguale a lui? Come si chiamerà? Chissà in quali altri film ha recitato? Inizia cosí una ricerca via via sempre piú inquietante in cui il misterioso e l'onirico si alternano. Le identità esteriori (l’aspetto fisico) ossessiona Tertuliano Maximo Afonso e Antonio Claro mentre, la palese differenza cultuale, sentimentale e umana non sembra avere alcun valore (condanna alla società dell’apparenza? Ai temi della clonazione?).


 


Su web


http://www.railibro.rai.it/articoli.asp?id=14


http://www.vialattea.net/odifreddi/saramago.htm


 


 


José Saramago, scrittore portogheseJosé Saramago, nato ad Azinhaga nel 1922, narratore, poeta e drammaturgo portoghese, ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1998. Presso Einaudi ha pubblicato L'anno della morte di Ricardo Reis, La zattera di pietra, Storia dell'assedio di Lisbona, Viaggio in Portogallo, Cecità, Oggetto quasi, Tutti i nomi, Il racconto dell'isola sconosciuta, La caverna, Il Vangelo secondo Gesù Cristo, Manuale di pittura e calligrafia, L'uomo duplicato, Saggio sulla lucidità, Poesie, Teatro, Don Giovanni o il dissoluto assolto, Le intermittenze della morte, Una terra chiamata Alentejo, Di questo mondo e degli altri e Le piccole memorie.



«L'uomo piú saggio che io abbia conosciuto non sapeva né leggere né scrivere. Alle quattro di mattina, quando la promessa di un nuovo giorno stava ancora in terra di Francia, si alzava dal pagliericcio e usciva nei campi, portando al pascolo la mezza dozzina di scrofe della cui fertilità si nutrivano lui e sua moglie, i miei nonni materni. [...] Talvolta, nelle calde notti d'estate, dopo cena, mio nonno mi diceva: "José, stanotte dormiamo tutti e due sotto il fico" [...]. In piena pace notturna, tra gli alti rami dell'albero, mi appariva una stella, e poi, lentamente, si nascondeva dietro una foglia, e, guardando da un'altra parte, come un fiume che scorre in silenzio nel cielo concavo, sorgeva il chiarore opalescente della Via Lattea. E mentre il sonno tardava ad arrivare, la notte si popolava delle storie e dei casi che mio nonno raccontava: leggende, apparizioni, spaventi, episodi singolari, morti antiche, zuffe di bastoni e pietre, parole di antenati, un instancabile brusio di memorie che mi teneva sveglio e al contempo mi cullava. Non ho mai potuto sapere se lui taceva quando si accorgeva che mi ero addormentato, o se continuava a parlare per non lasciare a metà la risposta alla domanda che gli facevo nelle pause piú lunghe che lui volontariamente metteva nel racconto: "E poi ?"
[...] Molti anni piú tardi, scrivendo per la prima volta di mio nonno Jeronimo e di mia nonna Josefa, mi accorsi che stavo trasformando le persone comuni che erano state in personaggi letterari, e che questo era probabilmente il modo per non dimenticarli, disegnando e ridisegnando i loro volti con un lapis cangiante di ricordi [...]. Nel dipingere i miei genitori e i miei nonni con i colori della letteratura, trasformandoli da semplici persone in carne e ossa in personaggi di nuovo e in modi diversi costruttori della mia vita, senza accorgermene stavo tracciando il percorso attraverso il quale i personaggi che avrei inventato, gli altri, quelli veramente letterari, avrebbero fabbricato e mi avrebbero portato i materiali e gli arnesi che, finalmente, nel buono e nel meno buono, nel sufficiente e nell'insufficiente, nel guadagnato e nel perduto, in quello che è difetto, ma anche in quello che è eccesso, avrebbero finito per fare di me la persona in cui oggi ancora mi riconosco: creatore di quei personaggi, ma al tempo stesso loro creatura».


José Saramago. Dalla lettura per il Premio Nobel, 7 dicembre


 


Agata Santamaria
 

lunedì 9 febbraio 2009

 

Obrigada Lisboa


 


Per tutto… per averti finalmente incontrata e così diversa da come immaginata, scoperta.


Per i tuoi colori, pochi e sbiaditi dal tempo; per le tue strade ripide, disorientanti e multiformi.


Per il tuo vento, quello che il Tago trasporta dall’oceano con i colori del tramonto, gli odori del mangiare, pesce e dolci, cibi primordiali.


Saluto la colonia di gatti del Castello, tutti immobili ad ammirare il tuo sole; riascolto la gente parlare quella lingua dolce e severa insieme, così vicina alla lingua della mia terra; canto ancora le melodie del fado e ricordo il mio amore perduto; bevo il tuo vino fino a non poterne più…


Riprendo il tram 28 e mi inerpico tra le strade e guardo la terra, il fiume oceano ed i pescatori stanchi… in cerca di riposo.


Mi hai mostrato l’umiltà della vita, la gioia del tuo vivere semplice, la bellezza della povertà quando c’è comunione.


Obrigada, muito obrigada, Señora.