lunedì 15 settembre 2008

La luce che cura

la luce che cura / copertina




Durante uno dei miei viaggi radiofonici ho conosciuto Fabio Marchesi.


È stato un incontro-illuminazione e quando ho letto il suo testo “La fisica dell’anima”, è stato bello condividere con lui alcune intuizioni che da tempo vado maturando e sembratemi a tratti inconfessabili.


È stato così gentile nel concedermi un’intervista di presentazione del suo lavoro: “La luce che cura”, edizione Tecniche Nuove.


Fabio Marchesi è un ingegnere informatico che ha iniziato la sua attività di ricercatore come studioso di sistemi di analisi della composizione corporea. Scienziato e ricercatore ortomolecolare, è membro dell’AIMO, della New York Academy of Science, dell’American Association for the Advancement of Sciences.




marchesi fabioLa Luce che cura

Gli effetti degli ultravioletti sul benessere psicofisico


 


“La luce che cura” fa subito pensare al sole.


È ormai da tempo che si sente parlare male del sole o, meglio, degli effetti nocivi che avrebbe sull’uomo. In particolare, a partire dagli anni Sessanta, ricerche scientifiche hanno demonizzato l’azione degli ultravioletti. Il mio lavoro vuole sconvolgere questo dato dimostrando, con ricerche, statistiche e documentazioni scientifiche rigorose, gli effetti positivi della luce del sole ed ultravio-letta sia sulla fisiologia che sull’emotività umana.


Perché dunque la medicina continua a sostenere questa teoria?


Sin da quando, nel 1938, la medicina ha scoperto la penicillina, le ditte farmaceutiche, oggi tutte società multinazionali, hanno scoperto nelle cure di tipo farmacologico un enorme business. Se oggi in farmacia si indagasse sui farmaci e il loro consumo, si scoprirebbe che, su 100 di essi, solo una minima parte può essere ritenuta realmente utile e necessaria al benessere umano, mentre i rimanenti o creano più complicazioni dei mali che curano, rimandandoli solo nel tempo, o vengono consumati in maniera comunque eccessiva.


Ma allora come si spiega che le aspettative di vita negli ultimi decenni sono aumentate grazie ai rimedi della medicina moderna?


Le aspettative di vita saranno aumentate, ma non di certo la qualità della vita. Platone 2400 anni fa è vissuto fino a cento anni senza farmaci, così come molti altri; se la medicina fosse realmente una scienza fondata sulla ricerca della verità, oggi si vivrebbe in salute duecento anni.


Possiamo ritenere che i rimedi farmaceutici stiano indebolendo l’organismo umano?


Sembra che la “nuova scienza”, cioè quella legata alla ricerca del massimo profitto, abbia sostituito la scienza fondata sulla ricerca della verità; l’obiettivo non è quello di fare scoperte per avere una popolazione sana, è divenuto piuttosto quello di creare una popolazione grande consumatrice di farmaci, che non può certo essere sana. L’industria della chimica è estremamente potente, non è presente solo nella farmacologia, ma in ogni cosa venga prodotta dall’uomo. Le stesse multinazionali da una parte producono le sostanze intossicanti, ossidanti e cancerogene che vengono utilizzate nell’alimentazione, nella cosmesi, nell’agricoltura, dall’altra producono altre sostanze chimiche che vengono consumate per cercare di evitare gli effetti negativi delle prime. Un circolo vizioso che ha portato le popolazioni ad essere sempre più deboli ed ammalate e le multinazionali ad arricchirsi. Tutto ciò che potrebbe interrompere questo gioco, come la conoscenza da parte delle popolazioni degli effetti terapeutici della luce solare e dei raggi ultravioletti, è stato e viene “combattuto” con apposite ricerche pseudoscientifiche atte a far credere che tali effetti siano nocivi. Sono riusciti nel loro intento. Oggi si vive in grave carenza di esposizione alla luce solare ed ultravioletta: gli UV sono stati banditi dall’illuminazione artificiale. Dalle finestre e dagli occhiali da sole e da vista non passano; quando ci si espone al sole tutti sono stati “educati” a mettere creme solari con filtri chimici cancerogeni ed intossicanti. Il risultato è una popolazione con grossi problemi: disturbi emozionali, disturbi del sonno, eccesso di peso, eccesso nel consumo di farmaci, deficienze nel sistema immunitario. Nessuno sospetta la potenza ed efficacia terapeutica della luce solare e dei raggi ultravioletti, che non sono brevettabili e sono gratuiti. Nel mio libro spiego semplicemente come riappropriarsi della salute attraverso la luce.


Quali ricerche hanno dimostrato gli effetti positivi dei raggi ultravioletti?


Centinaia di studi, molti dei quali pubblicati su riviste scientifiche prestigiosissime. Finsen nel 1903 ottenne il premio Nobel per aver scoperto nella luce ultravioletta la terapia più efficace contro la tubercolosi. Decine di studi sono stati condotti ad esempio in scuole elementari; in una di esse sono stati confrontati gli effetti su centinaia di bambini esposti ad illuminazione di lampade ad ampio spettro con ultravioletti, rispetto a quelli esposti ad illuminazione tradizionale con lampade al neon. I risultati sono stati sconvolgenti: nelle aule illuminate con luce simile a quella del sole si sono registrate meno carie dentali, un terzo delle assenze per malattia, migliore rendimento scolastico, minori comportamenti aggressivi, migliore crescita e sviluppo. Di esempi simili a questo ve ne sono a centinaia, ma nessuno li conosce.


la nascita della rosa


       Foto: http://www.miorelli.net/frattali/arte.html




Ma perché allora si continua a sostenere che i raggi ultravioletti fanno male?


Per ignoranza e per convenienza. Gli ultravioletti fanno male solo alle farmacie. Fanno male quando dalla situazione di grave carenza, ormai abituale, si espone bruscamente a grandi dosaggi un organismo malnutrito ed ossidato. In realtà non solo fanno bene, sono indispensabili al corretto funzionamento dell’organismo umano. L’ipercolesterolemia e l’osteoporosi, tanto per fare due esempi, producono vittime, disagi e fatturati altissimi e sono perlopiù solo l’effetto della carenza di esposizione ai raggi ultravioletti. Ancora, negli ultimi 35 anni si è registrata una diminuzione del 60% nell’ormone maschile, il testosterone, che viene prodotto dall’organismo (come la vitamina D) quando è esposto alla luce ultravioletta, consumando il colesterolo.


La luce gioca quindi un ruolo cruciale nel nostro benessere?


Sono solo dati di fatto incontestabili che sono stati tenuti nascosti alle popolazioni mediche e alle masse per pura convenienza. È stato addirittura scoperto, con uno studio condotto su mezzo milione di persone, che più luce del sole riceve la madre negli ultimi tre mesi di gravidanza e più ne riceve il neonato nei primi tre mesi di vita, maggiore sarà la sua altezza da adulto. Il sole stimola tra le altre cose la produzione dell’ormone della crescita.


Cosa ne pensa della relazione che la medicina dichiara esserci tra l’insorgenza dei tumori, in particolare dei melanomi, e l’esposizione al sole?


Niente di più falso e mistificato. Se si analizza la distribuzione geografica dell’incidenza di tumori - non solo della pelle -, si scopre che sono tanto più frequenti quanto più le aree geografiche sono distanti dall’equatore: meno sole = più tumori. Fanno eccezione solo le aree dove vengono utilizzate in modo esasperato creme con filtri solari che sono cancerogeni. La falsa paura dei tumori della pelle ha però incrementato il fatturato delle multinazionali della chimica attraverso le creme protettive.


Quali consigli può dare per sottoporsi all’esposizione solare senza subire danni?


La natura ci ha fornito di validi protettori: tutti gli alimenti prodotti dalla natura con la luce del sole, nonché frutta e verdura, che sono ricchi di vitamina A, E, C e selenio, aiutano l’organismo a gestire alti dosaggi di luce solare.


Assumendo 300 grammi al giorno di pomodori maturati al sole si ha, grazie al licopene in esso contenuto, una protezione equivalente ad un fattore 4. Quello che va evitato sono le variazioni brusche: se si offrisse ad un bambino africano denutrito un pasto con primo, secondo, contorno, formaggio, dolce e frutta, è ovvio, si sentirebbe malissimo. Oggi è come se tanti individui denutriti volessero farsi grandi abbuffate. Bisogna esporsi per gradi, proteggendosi non con sostanze chimiche ma con cappelli, magliette ed ombrelloni fino a quando non si è gia abbastanza abbronzati da poter stare tranquillamente al sole. Il problema non è l’estate, il problema è che l’organismo ha bisogno della luce del sole quotidianamente, almeno un’ora al giorno, tutto l’anno.


A cura di Agata Santamaria


 




Il Progetto BIODREAM


Marchesi ha brevettato nel 1994 il sistema INFRAFIT, per il dimagramento basato sull’impiego dei raggi infrarossi (oggi è presente in oltre 200 centri in Italia e all’estero), e nel 2000 il sistema Biodream per la disintossicazione, la cura della depressione e l’incremento di salute e vitalità. BioDream è un sistema combinato di luce-terapia, cromoterapia, ipertermia e terapia informazionale. Sono circa 20 i centri in Italia che oggi propongono trattamenti con


questa apparecchiatura, oltre a due cliniche all’estero.


 


  Leggi l’intervista pubblicata su RAM


http://www.fabiomarchesi.com/articoli_e_recensioni.html


 


  Visita il sito


http://www.fabiomarchesi.com


http://win.luceonline.it/articoli/categoria2/lalucechecura.htm

venerdì 12 settembre 2008

La velocità della luce

la velocità della luceLa velocità della luce


di Javier Cercas


Ugo Guanda Edizioni, Parma, 2005


 


Credete voi agli incontri capaci di insegnarci cose che torneranno utili a distanza di tempo e di spazio?


“La velocità della luce” di Javier Cercas svela questo mistero.


 


 


                 L’aspirante scrittore catalano, il cui nome resta sconosciuto lungo tutto il romanzo, ha delle forti similitudini biografiche con lo stesso Cercas. Anche lui inizia a lavorare nel mondo dell’editoria, anche lui si trasferisce in una Università dell’Illinois per insegnare letteratura spagnola. Qui incontra Rodney Falk, un reduce della guerra in Vietnam, esperto conoscitore di letteratura ma allo stesso tempo uomo schivo e profondamente solo.


Il giovane catalano si lascia coinvolgere dal mistero di Rodney e, a seguito della sua scomparsa, lo cerca invano. Attraverso i ricordi del padre e le lettere scritte dalla guerra che il padre di Rodney gli regala, conosce i perché dell’inquietudine del suo amico, scopre l’orrore della guerra.


 


“… ma Rodney non ci mise molto a capire che l’azione combinata di Vietnam e vita militare gli aveva tolto complessità, e questo, che considerava come una sorta di mutilazione della propria personalità, in fondo all’animo gli procurava un certo sollievo: la condizione di soldato annullava il suo margine di autonomia personale, ma quel divieto di decidere per se stesso, quell’essere sottomesso alla stretta gerarchia militare, umiliante e degradante com’era, agiva al tempo stesso da anestetico che generava in lui una contentezza sconosciuta, abietta ma reale, perché in quel modo scoprì sulla propria pelle che la libertà è più ricca della schiavitù, ma anche più dolorosa, e per lo meno lì, in Vietnam, ciò che meno desiderava era soffrire”.


 


Ma l’orrore non appartiene solo ai campi di battaglia: è questo il vero filo conduttore del romanzo. La società della pace apparente produce mostri e tra questi la voglia di successo da cui sarà travolto lo stesso giovane catalano a distanza di anni. Diventato scrittore famoso, in nome della celebrità perde di vista se stesso cercando soddisfazioni personali sempre più superficiali e soprattutto, trascurando sua moglie e di suo figlio, diventa complice della loro stessa morte.


Rimasto solo come Rodney, faccia a faccia con i propri demoni, il giovane protagonista sente che l’unico possibile riscatto è ritrovare l’amico per scoprire da quale colpa, da quale ricordo preciso stia fuggendo; ma anche per non lasciare che tutto sia stato inutile, che tanto dolore finisca ingoiato dall’oblio...


 


“… Allora capii di colpo quello che non ero stato in grado di capire quella notte di tanti anni addietro, e cioè che se io avevo lasciato la festa ed ero andato dietro a Rodney era stato perché guardandolo alla finestra avevo intuito che era l’uomo più solo del mondo e che, per qualche indubbio motivo che tuttavia non era alla mia portata, io ero l’unica persona che potesse fargli compagnia, e capii anche che, in quella notte di tanti anno dopo, la situazione si era invertita. Adesso anch’io ero responsabile della morte di una donna e di un bambino (o comunque mi sentivo responsabile della morte di una donna e di un bambino), adesso ero io l’uomo più solo del mondo, un animale perso in mezzo a un branco di animali di un’altra specie, e adesso era Rodney, e forse soltanto Rodney, che poteva farmi compagnia, perché lui aveva percorso molto tempo prima e per molto più tempo di me lo stesso tunnel di orrore e rimorsi…”


Ma quando arriva a Rantoul per incontrare Rodney…



 



cercas


9 Intervista di Elisabetta Menetti a Javier Cercas


I ritagli della storia e la memoria dei romanzi


http://www.griseldaonline.it/percorsi/6cercas_it.htm


?Articolo – Curiosità di Javier Cercas


 http://www.emigratisardi.com/Chi-manovra-i-microchip-del.html?debut_articles_rubrique=45


Agata Santamaria