domenica 29 giugno 2008

 piras

L’uomo che volle essere Perón


di Giovanni Maria Bellu


Bompiani, 2008




Avere genitori che hanno vissuto un’epoca storica e politica diversa dalla nostra può essere particolarmente difficile. Crea conflitti e incomprensioni insuperabili.


I nati negli anni cinquanta e sessanta hanno vissuto questa dimensione: da una parte i loro genitori plasmati dalla cultura fascista e dalla guerra, dall’altra parte loro, figli del boom economico, della democrazia e, a volte anche della rivoluzione di estrema sinistra.


Il testo di Giovanni Maria Bellu, L’uomo che volle essere Perón, affronta…


 


“L’andarsene non è la metafora della morte, ma la morte stessa. Non a caso, per farlo ci è indispensabile salire su una nave o su un aereo, qualcosa che, come l’anima, all’arrivo si separa da noi. Quando compiamo il passo, ci aspettiamo un’accoglienza rassicurante come le braccia di una grande madre. Forse è questa la ragione per cui, nel tempo remoto in cui il mare ci era ancora amico, non facevamo altro che costruire piccole madri di pietra”.


 


L’uomo che volle essere Perón di Giovanni Maria Bellu è la storia di una beffa che l’intero paese di Arasolé crea a danno della storia. E’ proprio vero che Perón avrebbe potuto essere un sardo trapiantato in Argentina agli inizii del novecento? Il protagonista del romanzo, un giornalista sardo trapiantato a Roma indaga sul mistero con grande suggestione a tal punto da rendere storicamente veritiera l’ipotesi. Ma questa indagine nasconde il profondo dolore per la recente scomparsa del padre, un sardo di convinta estrazione fascista.


I colori e le voci del popolo sardo fanno da sfondo a ricordi densi di nostalgia e solitudine.


 


“Lo vidi davanti allo specchio mentre col pettine nero e studiati gesti virili si sistemava i capelli all’indietro, lo vidi giovane figlio di su mere passeggiare per le strade di Torino, ventenne fascista negli anni ruggenti del fascismo, quando la guerra era lontana, l’opposizione massacrata, le grande depressione ancora da venire e il più grande filosofo di Arasolé  [Gramsci] marciva in solitudine nel carcere di Turi.


Lo vidi gioire puramente e semplicemente di aver saltato il mare e di godere i benefici di quel passo. Lo vidi vivere la vita che avrebbe sempre rimpianto, senza mai aver avuto il coraggio di dirmelo, per non aggiungere il suo dolore a quel dolore comune di cui non eravamo mai stati capaci di parlare”.


 


 Links


Recensione


http://www.carmillaonline.com/archives/2008/05/002654.html


 


OAscolta l’intervista all’autore di Fahrenheit – radio 3


http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_libro.cfm?Q_EV_ID=252740